Si chiama “Borsigliana da un millennio sul colle. Vicende di un territorio dell’alta Garfagnana” l’ultima fatica letteraria del giornalista, scrittore ed ex docente Dino Magistrelli: un’opera celebrativa per uno dei borghi più caratteristici del comune di Piazza al Serchio, e di certo uno dei più carichi di storia dell’intera Garfagnana.
L’occasione per un approfondimento, e un confronto, con l’autore è andata in scena ieri sera al Museo Italiano dell’Immaginario Folklorico di Piazza al Serchio, all’interno dell’orma celebre kermesse dei “Giovedì al museo”.
Appuntamento anche questo che ha visto un folto pubblico, sia online, con picchi di più di cinquanta collegamenti, che in presenza, con molti che hanno deciso di ascoltare i racconti e gli aneddoti di Magistrelli nonostante un tempo poco clemente.
Un racconto lungo e intenso, mille anni di storia ma anche otto anni di ricerche da parte dello scrittore, minuzioso nella ricerca di atti e documenti tra Borsigliana e i paesi limitrofi, come Vergnano (luogo natale di Magistrelli), Molinello, Gambarotta e Grotto.
Ne esce fuori un racconto sì diacronico e strutturato su una precisa linea temporale, ma organico nella sua interezza, in cui eventi gravosi e terribili, come i periodi bellici, sono accompagnati da aneddoti particolari e quasi ironici, in grado di regalare, attraverso documenti storici, testimonianze, foto antiche, interpretazioni e traduzioni di lapidi, ricordi, statistiche, eventi sociali, religiosi, culturali e persino sportivi, un immagine nitida non solo di Borsigliana, ma di un alta Garfagnana dal sapore antico, che forse non esiste più ma resiste nella memoria, nei detti e nelle azioni di chi ora abita i nostri borghi.
Al termine dell’incontro c’è stato tempo anche per qualche domanda, senza dimenticare le sempre gradite chiusure canore di Marco Betti, incentrate quasi esclusivamente sul trittico pittorico nella chiesa di Santa Maria Assunta a Borsigliana, opera del misterioso e quasi sconosciuto Pietro da Talada, maestro d’arte che operò in Garfagnana nella seconda metà del Quattrocento: una figura di cui si sa pochissimo, come pochissimo si sa sulla sua opera e chi la commissionò.
Un ennesimo mistero, quasi una leggenda, che aleggia tra i crinali dell’alto corso del Serchio.