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Scritto da andrea pedri
Garfagnana
23 Maggio 2023

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Se c’è un ente, all’interno della Garfagnana, che più di tutti sta cercando di offrire proposte e attività culturali in grado di venire incontro alle esigenze e ai gusti di tutti, quello è di certo il Museo italiano dell’immaginario folklorico di Piazza al Serchio.

Tra gli incontri settimanali dei “Giovedì al Museo”, le varie collaborazioni con le associazioni dei territori confinanti e lo strenuo lavoro di ricerca, trascrizione e digitalizzazione del patrimonio orale locale, il museo garfagnino dà prova ogni giorno che è possibile fare divulgazione senza però tralasciare il lavoro di marca prettamente scientifica.

Un impegno encomiabile, portato avanti da cittadini del posto e non solo, che più che andare incontro a una matrice turistica si prefissa l’obiettivo di mettere in contatto gli abitanti della valle con quelle straordinarie tradizioni e saperi locali che i tempi moderni hanno ormai relegato a un ruolo più che marginale.

Il museo non va in “vacanza” neppure durante il periodo estivo, e ha già ufficializzato i prossimi corsi che metterà a disposizione e le attività organizzate sul territorio: in primis vi è il progetto “Storie in circolo. Dalla memoria al digitale - generazioni insieme per vivere nel territorio”, finanziato grazie al bando regionale “Siete Presente” e pensato per formare, sia da un punto di vista teorico che tecnico, i giovani dai 16 ai 35 anni d’età interessati a sviluppare maggiori conoscenze e competenze nell’ambito museale e folklorico (qua il link per l’iscrizione:  https://bit.ly/storieincircolo), mentre partirà a giugno il programma “Canto del Maggio Festival: un percorso nella scuola, nella cultura, nella tradizione”, una serie di rappresentazioni, laboratori e rassegne incentrati sull’antica tradizione del Maggio garfagnino, e che coinvolgerà “vecchi” maggianti, giovani studenti delle scuole elementari ed esperti del settore, senza dimenticare tutti quelli che saranno interessati ad apprendere gratuitamente questa antica arte perduta.

Entrambi le attività sono descritte in dettaglio sul sito del museo, ma chi, meglio di Umberto Bertolini, potrebbe darne una panoramica? Bertolini è infatti il curatore dell’ente e il fondatore dell’associazione culturale “La Giubba”: è stato anche grazie al suo impegno che il museo ha visto la luce, e sin dai primi anni ha coordinato le attività e i corsi formativi.

L’obiettivo principale che trapela dalle parole del curatore è quello di veder sempre più persone coinvolte all’interno del lavoro del museo, ma le attività che verranno messe a disposizione hanno anche un fine di ben più lunga portata, e risiede nella necessità di preservare quei miti, racconti, canti e danze che l’essere umano tramanda sin dall’alba dei tempi.

Quali sono state le motivazioni che hanno portato alla creazione del bando “Storie in circolo”?

“Il bando Siete Presente è stato certamente uno stimolo, e senza quello forse non ci avremmo nemmeno pensato. L’offerta formativa è diretta in primis per i giovani iscritti dell’associazione, ma visto che non solo moltissimi abbiamo deciso di aprire le porte anche ai giovani esterni. La questione relativa all’incontro tra le tradizioni popolari, e le attività culturali, e le nuove generazioni è molto importante, anche perché se non riusciamo a far appassionare i ragazzi al nostro passato è inevitabile che esso verrà dimenticato. Il corso che offriamo sarà coerente con le attività del museo, dando però spazio anche all’elaborazione video e alla rappresentazione grafica. L’idea è quella di fornire strumenti tecnici e teorici che abbiano un peso sulla formazione personale e professionale di chi si iscriverà, e ovviamente speriamo che alcuni di questi vogliano in seguito continuare una proficua collaborazione col museo”.

 

Perché è così difficile avvicinare i giovani a queste tematiche?

“È una questione ampia, che va ben oltre il museo stesso, e si fonda sul semplice assunto che qualcosa ci può piacere solo se ne veniamo a contatto. I ricordi d’infanzia, le conoscenze e gli incontri futuri sono essenziali per plasmare le nostre passioni, ed è ovvio che le tematiche del museo, e le storie che noi cerchiamo di preservare, sono ormai scomparse dalla maggior parte delle case e degli ambienti sociali della Garfagnana. Semplicemente non sanno di cosa si parla, o quantomeno non ne hanno una conoscenza diretta, e ciò non può che interrompere quella trasmissione tra generazioni che è durata secoli. Penso che l’avvicinamento a questo mondo sia la parte più complicata, anche perché ho potuto notare come i giovani, specialmente i più piccoli, rimangano subito affascinati da quello che facciamo. Forse si innescano quei meccanismi dell’immaginario che, a dispetto di mode e modelli, rimangono sempre gli stessi”.

Il corso “Storie in circolo” ha anche obiettivi sul lungo periodo?

“Noi cerchiamo di rendere il museo sempre più vivo, e di poter accogliere nuove figure e competenze. Per quanto possa non sembrare, là fuori ci sono ancora parecchie storie da raccontare, ascoltare e registrare. Penso che il nostro sia un lavoro importante, e il nostro museo quasi unico nel suo genere, poiché andiamo alla ricerca di materiale grezzo, ancora immune dalla scrittura, e per questo prezioso per capire le strutture base attraverso cui gli esseri umani sviluppano e danno forma alle immagini stesse. Sono frammenti dell’antichità che non dobbiamo perdere per nessun motivo”.

L’idea di avvicinare la giovani generazioni, e in generale la popolazione locale, sembra essere anche alla base del “Canto del Maggio Festival” …

“L’obiettivo fondamentale è quello di dare nuova vita e forma a una tradizione secolare del territorio. Persino la parola festival non è stata scelta a caso, perché volevamo dare l’idea di una festa più che della solita rassegna di studi. L’agenda del festival è fittissima, e ha tra le sue proposte anche quella di ricostruire una compagnia di maggianti e portare il Maggio nelle scuole. Ci sono già stati dei progetti, sin dai primi Anni Duemila, per insegnare il Canto del Maggio negli istituti, ma se l’idea iniziale di queste attività era quella di far semplicemente cantare i bambini, nel nostro caso proveremo a proporre un insegnamento che possa durare nel tempo. Alla fine, bisogna essere realisti: non solo non ci sono quasi più maggianti, ma nemmeno un pubblico interessato. Il Maggio ha un linguaggio vecchio, antico, e non ha nulla a che fare con la modernità. Per questo bisogna trovare un pubblico nuovo, proponendo però anche una nuova versione del maggio stesso, che sappia includere tematiche e rappresentazioni più godibili e appetibili per i nostri tempi”.

Ma se il Maggio non ha più né cantori né pubblico, cosa spinge il museo a voler rivitalizzare quest’arte?

“Perché, come dentro le leggende c’è un qualcosa di inafferrabile che ci intriga, anche nel Maggio garfagnino vi è qualcosa che non si riesce a spiegare. È una melodia, un canto primigenio che affonda le sue radici chissà quanto in profondità, che nasconde un mistero ancora impossibile da decifrare, e noi non possiamo rischiare di perdere questa ricchezza. Come puoi ben capire, dunque, non è neanche una questione di marketing, ma è proprio la necessità di salvaguardare questo affascinante messaggio che ancora si perde tra le rime. È ovvio che fa piacere che il Maggio possa avere un riscontro turistico, ma qui si parla di informazioni utili per l’umana conoscenza”.

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