Lei era bella, talentuosa e nera. Tre 'peccati' imperdonabili per l'America razzista e bigotta di inizio novecento. Una voce da usignolo, dolce, delicata, unica per timbro e registro, inconfondibile; un portamento fiero e sicuro, che tradiva le sue umilissime origini; e poi quell'eleganza, quella classe, quello stile nel vestirsi: una vera signora, tanto da meritarsi il soprannome - inizialmente sbeffeggiativo, poi distintivo - di "Lady Day".
La parola 'holiday', a seconda che la si pronunci al di qua o al di là dell'oceano, vuol dire festività o vacanza. Ecco, la vita di Billie - al secolo Eleanora Fagan - non è stata né l'una né l'altra. La sua è piuttosto una di quelle storie malinconiche, blues appunto, di fronte alle quali si resta sempre un po' a disagio perché stridono, apparentemente, con la grandezza del personaggio. Nota al pubblico per le sue struggenti canzoni d'amore, Billie Holiday era in realtà un'anima inquieta, profondamente triste e sola, segnata dai numerosi traumi che l'esistenza non le ha risparmiato.
"Gli Stati Uniti contro Billie Holiday", il film-evento di Lee Daniels proiettato in sala dal 5 all'8 maggio, ha cercato di ricostruire la doppia anima di questa iconica artista (interpretata da una formidabile e bellissima Andra Day) partendo dal suo rapporto conflittuale con... l'Fbi.
Eh sì, nientemeno che con il Federal Bureau of Investigation, l'agenzia governativa di polizia federale segreta degli USA per quasi 50 anni sotto la direzione di John Edgar Hoover. Motivo del conflitto: una canzone portata al successo dalla stessa Holiday, dal titolo "Strange Fruit", nella quale si descriveva, in maniera poetica, la scena del linciaggio di un nero afroamericano per mano dei bianchi. Un'eresia per gli ambienti patinati del Cafè Society.
Il testo venne percepito dall'entourage del presidente John Fitzgerald Kennedy come una 'minaccia', tanto da divenire un vero e proprio 'caso' affidato al commissario federale dell’ufficio narcotici (Fnb) Harry J. Anslinger.
Billie Holiday, come è noto, ebbe problemi, in vita, con alcol e droga. Questa sua debolezza fu subito individuata dall'Fbi come il 'tallone d'Achille' per colpire la cantante. Ed è così che un giovane agente nero, Jimmy Fletcher, venne incaricato di infiltrarsi nella vita di Billie, sotto mentite spoglie, per coglierla sul fatto: l'artista venne rinchiusa in carcere per 18 mesi e, in seguito, le venne ritirata la licenza per cantare. Fu lo stesso Fletcher, però, a prendersi cura di lei, negli ultimi anni della sua vita, dimostrando, con questo gesto, il suo amore vero nei suoi confronti (e il pentimento sincero per quanto fatto da agente).
Insomma, tra amori e tradimenti, alla fine quello che viene fuori è il ritratto di una donna fragile che ha saputo cantare l'amore e il dolore come nessun altro. Un simbolo di lotta per i diritti civili della società afro-americana e una leggenda del jazz. Una diva della musica.
Signori, Billie Holiday.
