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Scritto da andrea pedri
Garfagnana
24 Marzo 2022

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È passato solo un mese dalla pubblicazione de “La Segnatrice”, la quarta fatica letteraria di Elena Magnani, ma i commenti positivi alla sua opera già si sprecano.

La scrittrice genovese – ormai naturalizzata garfagnina – col suo nuovo libro ha voluto riportare in vita gli eventi che contraddistinsero l’invasione tedesca dell’alta Garfagnana nel 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale; momenti che fanno da sfondo al rapporto burrascoso tra un tenente nazista e una giovane abitante di San Donnino: Anna, vero e proprio anello di congiunzione tra la modernità che avanza e la tradizione millenaria che cerca di resistere.

Un romanzo che cerca dunque di ridare spazio a un periodo storico, e ai suoi protagonisti, molto spesso dimenticati tra le pieghe del tempo, ma che vuole anche essere un omaggio dell’autrice ad un territorio – e alle sue tradizioni – che l’hanno accolta e pervasa sin dal primo momento.

Un legame, quello tra Elena e la Garfagnana, che ha permeato l’intervista che la scrittrice ha concesso alla Gazzetta: un confronto incentrato sul processo creativo e editoriale, ma anche sul passato e il presente della valle.

Come nasce questo rapporto così forte che la lega alla Garfagnana?

“La prima volta che sono venuta qui avevo quattro anni. I miei genitori avevano comprato una casa vacanze a Dalli Sotto, e non appena avevamo del tempo libero partivamo da Genova per stare in pace tra le montagne. Sono fondamentalmente cresciuta qui, in mezzo agli abitanti di Dalli con cui coltivo ancora oggi un rapporto speciale, e dopo aver trovato anche l’amore in valle ho preso la decisione di trasferirmi definitivamente”.

Ci sono mai stati momenti in cui si è pentita della sua scelta?

“Assolutamente no, io qua sto benissimo. Mi sento bene con me stessa, e penso che questo mi avrebbe permesso di poter vivere bene ovunque, ma queste terre, così piene di storia, natura e persone fantastiche, sono perfette per me, e mi hanno permesso di trovare la mia dimensione. Sono dell’idea che il lavoro di volontariato che ancora svolgo presso la misericordia sia stato la chiave di volta per la mia totale integrazione: mi ha permesso di conoscere e farmi conoscere, e mi ha dato gli strumenti per essere sicura di me stessa. Prima ero molto timida, e sono sicura che senza questo percorso non sarei nemmeno riuscita a pubblicare il mio primo libro”.

Che cos’è la scrittura per Elena Magnani?

“Scrivere un libro è un viaggio in solitaria, e come tutti i percorsi che siamo costretti a percorrere da soli è pieno di pericoli, angosce e insicurezze. Quando però il lavoro creativo termina, il romanzo diventa un vero e proprio lavoro di squadra, e io devo ringraziare davvero tantissime persone per essere riuscita a portare nelle librerie “La Segnatrice”.

Da cosa è scaturita l’idea di raccontare il terribile periodo della guerra?

“Tutto è nato da un ritrovamento fatto nella soffitta dei miei suoceri a San Donnino: una bussola militare tedesca. Fin da subito quell’oggetto mi ha incuriosito e ispirato, e mi ha spinto a volerne sapere di più sui fatti che avvennero in Garfagnana in quel periodo. Grazie a testimonianze dirette e ricerche d’archivio ho scoperto un mondo di eventi troppo poco ricordati, e mi hanno dato la cornice necessaria per poter ambientare la storia che volevo raccontare”.

Un racconto storico imperniato però di tradizioni e antiche conoscenze…

“Assolutamente sì. All’inizio era solo un romanzo storico, ma poi ho deciso di inserire il discorso sulla Segnatura e chi la pratica, i cosiddetti “Streghi” garfagnini. È stata una scelta dettata sia dall’interesse per questa antica tradizione sia da un legame personale: mia nonna, nonostante non fosse della zona, aveva questo “dono” e decise di passarlo a me. Sono dunque anche io una Segnatrice, ed è per questo che nel mio libro tratto l’argomento con rispetto e senza nessuna dietrologia. Sono ancora tantissimi i segnatori che resistono alla modernità, anche se restano all’oscuro, nel silenzio dei paesi o delle famiglie”.

Come si è svolto l’iter editoriale che ha portato all’uscita de “La Segnatrice”?

“Devo ammettere che è stata una soddisfazione grandissima poter essere pubblicata da una casa editrice importante come Giunti, e il merito va alle persone che ho incontrato e mi hanno indirizzato lungo il tortuoso percorso che ha portato alla luce il romanzo. Tutto è nato con un corso di scrittura creativa a Genova: nonostante avessi già scritto tre libri volevo migliorarmi ancora ed essere più consapevole riguardo alle varie tecniche narrative. Al corso ho incontrato alcune persone che, dopo aver sentito la storia che avevo in mente, mi hanno consigliato di trovare un agente letterario, e mi sono imbattuta in Loredana Rotundo – la mia attuale agente – che ha deciso di rappresentarmi. È stata poi lei a mettersi in accordo con Giunti”.

Torniamo ora al romanzo. Può dirci in breve la trama del racconto?

“La storia si intreccia su un tessuto di fatti realmente accaduti in Alta Garfagnana nel 1944, e si incentra sul turbinoso rapporto che viene a crearsi tra Anna, segnatrice e membro della resistenza, e Matthias Von Bauer, Tenente nazista. La vera protagonista della storia è però Anna, una persona intimamente legata alle tradizioni del suo popolo ma anche con gli occhi fissi verso un futuro di novità e cambiamenti. Ovviamente l’arrivo dei tedeschi sconvolgerà i suoi piani, e Anna saprà reagire a modo suo, anche e soprattutto grazie all’antica arte della segnatura”.

 Dopo essersi tuffata nella storia della valle cosa pensa sia cambiato rispetto a quei tempi?

“Penso che la Garfagnana sappia vivere ancora oggi contemporaneamente sia nel futuro che nel passato. I progressi sono arrivati, ma le antiche tradizioni e rapporti tra le persone non sono mai cambiati. È una terra meravigliosa che però non ha bisogno di mettersi in mostra, e quello che fa lo fa in primis per i proprio abitanti. Anche il turismo è contenuto, e sano oserei dire, perché il turista rispetta questo equilibrio tra innovazione e tradizione che si è venuto a creare”.

A suo parere, il periodo della resistenza è sempre vivo nella memoria o si è assopito?

“Secondo me i garfagnini parlano parecchio di storia, ma lo fanno tra mura domestiche. È sempre un racconto orale, pieni di aneddoti, fole, e non c’è l’interesse a farle uscire fuori. È vero, forse alcune storie sono un po’ finite nel dimenticatoio, ma la presenza della storia e di ciò che è successo è ancora vivido nella mente di tutti”.

Nonostante sia uscito da poco il suo libro sta già avendo un grande successo. Quali sono le sue sensazioni?

“Riguardo alle vendite al momento non ho dati certi, ma ho avuto tantissimi riscontri positivi da parte di persone provenienti da tutta Italia. Il libro sta piacendo, e quelli che lo leggono mi scrivono – principalmente via social – le loro sensazioni e impressioni sulla storia di Anna. Indipendentemente dalle classifiche di vendita voglio che il mio libro sappia prendere il lettore, e tutti questi apprezzamenti non possono che rendermi orgogliosa”.

Nel futuro di Elena Magnani è in progetto un nuovo libro?

“Il quinto libro è fondamentalmente già scritto e approvato dalla mia agente. Al momento lo sto revisionando, e quando sarà pronto verrà proposto alle varie case editrici. Non posso dire molto, l’ho promesso a Loredana – la sua agente, n.d.r. – ma è ambientato in Italia agli inizi del Novecento. Si basa ancora su fatti realmente accaduti, e anche in questo caso c’è una componente personale non indifferente”.

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