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Scritto da andrea pedri
Garfagnana
26 Maggio 2023

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Era il 15 giugno quando l’Unione dei comuni della Garfagnana, per prima in Italia tra gli enti di questo tipo, decise di pubblicare l’avviso per la nomina di un garante per i diritti per la persona disabile. Una scelta di civiltà, di buonsenso, che avrebbe senza ombra di dubbio aiutato le persone con difficoltà residenti in valle a confrontarsi più direttamente con le istituzioni.

Il bando per la selezione di questa nuova figura e i requisiti richiesti erano chiarissimi: “La figura del Garante è organo unipersonale nominato […] all’interno di una lista di nominativi raccolti a seguito di indizione di apposito bando pubblico tra coloro che offrono garanzia di probità, indipendenza, obiettività, serenità di giudizio, con provata esperienza nel campo della disabilità dimostrabile a seguito di presentazione di curricula personali” e ancora “Possieda idoneo curriculum nella materia oggetto delle funzioni del Garante, dal quale si desuma chiara competenza nell’ambito dei diritti dei disabili e delle attività sociali”.

L’Unione cercava dunque una figura di esperienza, che fosse già venuta a contatto col mondo dei disabili e dei loro diritti, e la delibera del consiglio del 27 febbraio 2023 che ha portato all’assegnazione dell’incarico diede l’idea che la ricerca fosse andata a buon fine: su 25 votanti, infatti, ben 23 diedero il loro appoggio all’attuale garante, con solamente due consiglieri che decisero di astenersi.

Un vero e proprio plebiscito, o poco ci manca, che spinse il candidato sconfitto, Manuele Bellonzi, a fare richiesta di accesso agli atti per visionare di persona il procedimento di selezione e il curriculum dell’altra candidata.

“Non sapevo nemmeno che fosse avvenuta la nomina – spiega Bellonzi – ed è anche per questo che ho fatto richiesta per l’accesso agli atti. Dopo 31 giorni, ho ricevuto le carte, e quando ho visto il curriculum della candidata vincitrice ho deciso immediatamente di fare istanza di ricorso in autotutela. Speravo che l’ente, visti le sue possibilità di manovra, potesse fare un passo indietro e ponderare la sua scelta”.

Per chi non lo sapesse, Manuele Bellonzi è un professore universitario con più di vent’anni di esperienza come difensore civico e competenze in ambito giuridico per quanto riguarda la gestione sanitaria, mentre l’altra candidata, ingegnere civile dell’ambiente e del territorio, ha inserito nel proprio curriculum un’esperienza quasi decennale come cameriera e, nella sezione ulteriori informazioni, il fatto di essersi “Appassionata alla tematica della disabilità” dopo un lungo periodo da caregiver per i nonni.

Una disparità di competenze che ha allarmato e amareggiato Bellonzi, che sottolinea con forza come non abbia assolutamente niente contro la vincitrice, ma nello stesso tempo si senta preso in giro: dopotutto, a cosa valgono esperienza e titoli accademici se non vengono nemmeno considerati in un bando che specifica un’esaminazione dei curriculum?

“Non ho impugnato la sua elezione – spiega Bellonzi – ma il vizio di forma legato alla sua stessa partecipazione. Pochi giorni fa mi hanno risposto, e da quello che ho capito il funzionario non ha fatto nessuna verifica e il consiglio ha semplicemente deliberato, nonostante avessero scritto negli atti di aver fatto le dovute analisi sui documenti dei candidati. Mi sembra di aver subito un trattamento ingiusto. Non puoi nominare un soggetto senza considerare le norme che tu stesso ti sei dato; che credibilità hai? Mi sembra una barzelletta – chiosa il professore – e non so nemmeno se proverò altre soluzioni per far valere le mie ragioni. Il mio obiettivo, a questo punto, è fare pedagogia: che gli enti imparino dai propri errori! Devono capire che certe cose non si possono fare. Non voglio andare contro nessuno e non ho assolutamente niente contro la vincitrice: capisco che possa avere un interesse, ma potrebbe non bastare all’atto pratico”.

Da quello che traspare dalle parole di Bellonzi, è soprattutto una questione di principio: infatti, l’incarico risulta addirittura a titolo gratuito, e nonostante duri tre anni comporta un primo anno “sperimentale”.

La risposta dell’Unione al ricorso è risultata, secondo lo stesso professore, evasiva e circostanziale, e ora la diatriba potrebbe continuare con un percorso extragiudiziale con lo strumento della procura alle liti per evitare il ricorso al Tar.

Ma le lamentele e i dubbi di Bellonzi sono effettivamente fondati? In questi casi avere un contraddittorio è imprescindibile, ed è per questo che la Gazzetta ha deciso contattare direttamente la stessa Unione e il suo presidente in carica, il sindaco di Castelnuovo Andrea Tagliasacchi.

“Intanto sottolineo con orgoglio che, a quanto mi risulta, siamo la prima Unione dei comuni in Italia ad aver istituito questo organo a livello sovra-comunale. Per quanto riguarda le motivazioni [che hanno portato alla scelta della candidata, n.d.r.] c’è stata una votazione in forma palese, ovvero trasparente, e la maggioranza assoluta dei consiglieri ha espresso pubblicamente il nome della candidata senza voti contrari e con solo due astensioni. Per quanto mi riguarda, come presidente dell’Unione comuni Garfagnana – chiosa Tagliasacchi – non posso che prendere atto della nomina fatta dal consiglio dell’Unione, in cui siedono i sindaci e i rappresentanti delle maggioranze e delle minoranze dei 14 consigli comunali dei comuni componenti l’ente. Tra l’altro, nessun componente né di maggioranza né di minoranza si è espresso a favore dell’altro candidato. [in merito al ricorso] Abbiamo già fatto pervenire una risposta al ricorrente tramite i nostri uffici”.

Nonostante la certezza di essere nel giusto da un punto di vista tecnico e per quanto concerne l’assegnazione della carica, nelle parole del presidente non sembrano esserci le effettive motivazioni che hanno portato all’elezione della candidata.

Cosa ha convinto 23 elettori su 25 a votare per lei? Un’interpretazione che potrebbe spiegare questo mistero arriva da uno dei due consiglieri che il 27 febbraio decisero di astenersi: il sindaco di Fosciandora Moreno Lunardi. Lunardi afferma che durante la delibera decise di astenersi, assieme al suo delegato, perché convito di essere l’unico a non aver seguito la questione, ma probabilmente i consiglieri ignari della figura che stavano per votare erano molti di più.

“A livello di Unione c’è qualcuno che segue queste pratiche – spiega Lunardi – e io speravo che fossero state fatte le analisi del caso: si dovrebbe sempre partire dal curriculum. Non so su quali basi sia stata fatta questa proposta, ma fin dall’inizio mi è parso che qualcosa non tornasse. Facciamo un consiglio quasi ogni lunedì, e forse se ne sarebbe potuto parlare più approfonditamente: invece siamo arrivati con una proposta che nessun sindaco conosceva. D’altra parte – continua il sindaco – è una cosa e una carica nuova, e forse non c’è stato messo l’interesse e l’impegno necessario: dopotutto i sindaci sono alle prese con innumerevoli lavori e responsabilità, sia del proprio comune, dell’Unione e in alcuni casi anche della provincia. Non credo che chi abbia fatto la proposta avesse letto i curriculum dei candidati, ma io e il mio delegato ci siamo astenuti perché non ci eravamo informati in merito”.

Una storia che presenta dunque numerose narrazioni e parecchi punti d’ombra, nonostante le carte e la delibera siano state trasparenti sin dall’inizio. Ciò che resta, a dispetto di nuove prese di posizione e future risposte, è l’amarezza di un cittadino che, nonostante una vita spesa a difendere chi non ha gli strumenti, si è sentito dire di non essere abbastanza.

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